Sogniamo come un’unica comunità

L’appello lanciato nel Manifesto della Chiesa di Caserta sul futuro dell’ex Macrico

Nella scorsa Domenica delle Palme migliaia di persone hanno voluto scoprire cosa ci fosse oltre quel muro, dell’ex Macrico, un recinto lungo quasi tre chilometri che, come una fortezza, ha isolato e sottratto per decenni alla vita sociale, proprio nel cuore della città, 33 ettari di polmone verde. Questa straordinaria partecipazione di popolo ha confermato – semmai ce ne fosse bisogno – che i casertani sentono la necessità, hanno sete, di un parco urbano aperto, fruibile, di spazi di socialità da condividere. L’apertura straordinaria dell’area – o almeno la parte che è stata possibile mettere in sicurezza – di proprietà dell’Istituto Diocesano Sostentamento Clero, è stata resa possibile grazie all’aiuto di centinaia di volontari aderenti a diverse realtà associative casertane che hanno assicurato un adeguato servizio di vigilanza.

La decisione della Diocesi e del suo Vescovo di mettere a disposizione della città un bene ecclesiastico che dalla metà del XVIII secolo e fino al 2000 è stato utilizzato prima come area per l’addestramento delle truppe borboniche o poi come sede logistica militare, ha fatto rinascere la speranza. Il sogno profetico di un vescovo è diventato aspettativa e desiderio di un’intera comunità.

Il Manifesto della Chiesa di Caserta “Da Campo di Marte a Campo della Pace”, integralmente riportato su questo giornale e – non a caso – reso pubblico nella Cattedrale durante l’Assemblea generale per la chiusura della fase diocesana del Sinodo dei Vescovi, indica una chiara direzione di marcia ed una precisa meta da raggiungere. Dice anche che indietro non si può più tornare, che nell’intraprendere il viaggio sarà necessario tanto coraggio e che non pochi saranno gli ostacoli da superare. Ci sarà soprattutto bisogno di unità d’intenti da parte di tutti quegli attori in campo indicati nel paragrafo “camminare insieme” del documento diocesano.

Quelli vissuti dal nostro Vescovo nel suo primo anno come pastore della Chiesa di Caserta sono stati mesi da lui stesso definiti «complessi e faticosi». Fin dal giorno del suo insediamento, mons. Lagnese, ha messo in evidenza alcune delle emergenze sociali che il territorio era chiamato ad affrontare e risolvere, soprattutto sotto il profilo ambientale in rapporto alla qualità della vita delle nostre città che, agli occhi di tanti, appaiono urbanisticamente disordinate, se non abbandonate.

La Provvidenza ha voluto che poco prima della nomina del nuovo vescovo di Caserta, Papa Francesco, in piena pandemia, scrivesse e offrisse alla Chiesa la “Fratelli tutti”, l’Enciclica dedicata al tema della fraternità e dell’amicizia sociale. In essa è espresso il desiderio che possa rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità, un desiderio che si tramuta in sogno che il Papa invita a far diventare collettivo. Come nel contesto globale, anche in questo progetto locale di rigenerazione dell’area ex Macrico sarà, quindi, più che mai necessario lavorare insieme. La partecipazione di tutti sarà la chiave fondamentale per poter leggere la realtà e recepire la vivacità della nostra comunità. Se finalmente riusciremo ad unire le forze e le risorse di quello che il prof. Stefano Zamagni chiama trinomio pubblico-privato-civile, potremo dare una straordinaria risposta a quella richiesta di vivibilità e sostenibilità cittadina che arriva da tantissimi casertani. Per raggiungere questo risultato sarà necessario che si instauri tra la proprietà del bene, gli enti pubblici, le imprese, le associazioni e gli stessi cittadini, un clima di fiducia reciproco che lasci fuori dalla porta il conflitto e la cultura del sospetto. «La logica del conflitto – ha detto Papa Francesco alla Curia Romana il 21 dicembre 2020 – cerca sempre i “colpevoli” da stigmatizzare e disprezzare e i “giusti” da giustificare per introdurre la consapevolezza – molte volte magica – che questa o quella situazione non ci appartiene».

Il Campo della Pace che nascerà è importante in sé ma soprattutto lo sarà l’azione che lo reinventerà da intraprendere alla luce di alcuni principi come la prossimità, il coinvolgimento delle persone, la capacità di trasformare lo scarto in risorsa, l’attenzione alla natura, la poetica della bellezza a portata di tutti. Ne sono testimonianza nel mondo decine di piccoli e grandi progetti geniali, spesso creati dal lavoro volontario di architetti, designer e paesaggisti che hanno messo mano alle loro città insieme alle amministrazioni pubbliche, a cittadini ed associazioni ambientali. Moltissime comunità nel mondo si sono unite ed hanno restituito all’uso pubblico spazi urbani per lungo tempo inutilizzati.
Anche per questo progetto del Campo della Pace di Caserta i primi segnali sono incoraggianti: associazioni, istituti scolastici, startup di giovani, si sono già resi disponibili a condividere i propri talenti, la loro creatività, professionalità e voglia di generare tipica delle nuove generazioni. Certamente questo non basta e ci sarà bisogno di molto altro.

Nella sua prima omelia alla Diocesi, il vescovo Pietro Lagnese, invitò tutti a lavorare insieme, non come navigatori solitari: “non è questo il tempo di solisti – disse – adoperiamoci invece per cantare in coro”. Mai come oggi, con una guerra fratricida in Europa e in altre parti del pianeta, risultano profetiche le parole che Francesco ha scritto nella “Fratelli tutti”: «Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!» (FT, 8).

Ed allora perché, anche noi, a Caserta, non proviamo a sognare come un’unica comunità?

Elpidio Pota